Nell’analisi della fotografia a Roma nel periodo delle origini fotografiche, lo sguardo degli storici si è soffermato in genere ad approfondire i contenuti di carattere monumentale e vedutistico in quanto più commerciali.
Tuttavia un ruolo non meno significativo, seppure meno evidente, hanno invece svolto molte immagini dedicate ai dintorni della città nonchè gli studi di alcuni fotografi “naturalisti” o legati alla vita quotidiana e dei costumi (cfr. Piero Bechetti, La fotografia a Roma dalle origini al 1915  ed. Colombo 1983 e Immagini della campagna Romana 1853-1915  ed. Quasar 1983).

La tradizione del Grand Tour  e la cultura europea sette-ottocentesca, avevano infatti associato la Città Eterna alla sua Campagna cosicchè, per tutto l’Ottocento, artisti e viaggiatori giungevano nella capitale pontificia per vivere l’esperienza dell’antico ma veniva completato con la conoscenza dell’Agro. Appena oltre le mura e le porte della Città Eterna una natura selvaggia e incontaminata in un paesaggio maestoso e malinconico, costituivano motivi di ispirazione e meditazione.

 

E se da una parte furono i pittori che scelsero Roma per “ritrovare gli effetti della luce quotidiana sul paesaggio più antico del mondo” (cfr. Fagiolo dell’Arco, Esotico e pittoresco alle porte di casa – 2001) dall’altra furono proprio i fotografi, in particolare nei primi anni della nuova arte, a suggerire gli elementi di una nuova rappresentazione contrapposta al paesaggio classico seicentesco.

 

 

 

fonte: Roma 1840-1870 La fotografia, il collezionista e lo storico – ed. Pelitiassociati – Fotomuseo Panini